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EAU vs Svizzera: rivalità o sinergia nel commercio delle materie prime?

montagna e grattacieli
Helen James / SWI swissinfo.ch

Dubai si è affermata come hub globale per le materie prime, ma non necessariamente a spese della Svizzera.

La Swiss Tower di Dubai, ispirata al Cervino, è incastonata tra gli imponenti grattacieli del vasto quartiere affaristico della capitale degli Emirati Arabi Uniti e rappresenta una delle tante tessere nel complesso mosaico dei contatti commerciali tra Svizzera e Medio Oriente.

Inaugurato nel 2013, l’edificio di quaranta piani è stato uno dei primi sorti nel Dubai Multi Commodities Centre (DMCC), zona franca che in breve tempo è diventata una giungla di grattacieli scintillanti. La Swiss Tower ospita diverse aziende che traggono vantaggio dalle tante opportunità disponibili in loco per il commercio di materie prime e i servizi correlati.

Sotto le telecamere di sorveglianza, l’elenco elettronico visibile nell’atrio dell’edificio rivela un mix di aziende per il commercio dell’energia, società di trivellazione, spedizionieri, consulenti e saloni di bellezza. Lo Swiss Group Advisory DMCC, fornitore di servizi aziendali, si trova al 15° piano. In uno scambio di e-mail, il suo amministratore delegato, Roberto Delorenzi, afferma che gli Emirati Arabi Uniti (EAU) sono “la location ideale”.

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Un centro chiave nel commercio di materie prime

Delorenzi spiega che nell’ultimo decennio gli Emirati sono diventati un centro chiave per il commercio di materie prime, grazie al loro ruolo di passaggio tra Oriente e Occidente con facile accesso a Estremo Oriente, Europa e Africa. “Nel raggio di quattro o cinque ore di volo si raggiungono due miliardi di persone: una cifra che già da sé evidenzia il notevole potenziale di questo mercato”, osserva.

“Gli investimenti provenienti dagli Emirati Arabi Uniti, dalla regione o persino dall’India sono un’importante fonte di finanziamenti per le società commerciali”, sottolinea Giacomo Luciani, professore all’Università di Ginevra.

L’ascesa degli Emirati come hub globale delle materie prime ne fa un potenziale rivale della Svizzera, che ospita colossi del commercio energetico globale come Glencore, Gunvor, Trafigura, Vitol e Mercuria, i quali negli ultimi due anni, secondo Bloomberg, avrebbero registrato profitti netti combinati di oltre 50 miliardi di dollari (44 miliardi di franchi).

Finora, però, le dinamiche commerciali sembrano giocare a favore di entrambi i Paesi. Nel 2023, il commercio bilaterale ha raggiunto i 22,3 miliardi di dollari, con un aumento del 41,2% rispetto al 2022. Il Dipartimento federale degli affari esteri porta questa crescita a riprova della “sinergia tra le nostre economie”. Nella regione mediorientale, il secondo posto va all’Arabia Saudita, che nel 2023 ha registrato 6,8 miliardi di dollari di scambi bilaterali.

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Secondo l’amministratore delegato del DMCC Ahmed Bin Sulayem, tra il 2021 e il 2023 si è registrato un aumento del 30% delle imprese svizzere con sede a Dubai, per un totale di oltre 400. Non è chiaro se nel 2024 questa tendenza sia continuata o si sia stabilizzata, poiché il DMCC non ha fornito dati aggiornati.

Tutto questo avviene sulla scia di un boom del commercio di materie prime che ha visto una maggiore regionalizzazione degli scambi e una ristrutturazione della catena di approvvigionamento in un contesto di crescenti tensioni geopolitiche. Alcuni acquirenti di petrolio russi si sono orientati verso gli Emirati Arabi Uniti dopo che i Paesi occidentali hanno imposto sanzioni sul petrolio proveniente dalla Russia.

Le attività svizzere negli Emirati

Dopo l’introduzione di una convenzione internazionale contro la doppia imposizione nel 2012, aggiornata nel 2022, la Svizzera è diventata uno dei principali investitori a Dubai, contribuendo all’equivalente del 4% degli investimenti esteri diretti nel Paese, osserva Delorenzi. L’accordo di libero scambio sottoscritto nel 2014 tra l’Associazione europea di libero scambio (AELS) e il Consiglio di cooperazione del Golfo ha ulteriormente rafforzato i legami economici tra i due Paesi.

Dei sette emirati che compongono gli Emirati Arabi Uniti, secondo Delorenzi, Dubai è quello che attira il maggior numero di affari stranieri, anche perché ha tre grandi zone franche: DIFC, Jafza e DMCC. Quest’ultima è la più grande, con 25’000 aziende registrate, e testimonia lo sforzo del governo di posizionare Dubai, con i suoi porti e magazzini all’avanguardia, come un importante hub per il commercio di materie prime.

persone che sciano
Dubai è nota per i suoi grattacieli e le alte temperature, ma offre anche la possibilità di sciare. Martin Sasse / Laif

Dopo l’introduzione di una convenzione internazionale contro la doppia imposizione nel 2012, aggiornata nel 2022, la Svizzera è diventata uno dei principali investitori a Dubai, contribuendo all’equivalente del 4% degli investimenti esteri diretti nel Paese, osserva Delorenzi. L’accordo di libero scambio sottoscritto nel 2014 tra l’Associazione europea di libero scambio (AELS) e il Consiglio di cooperazione del Golfo ha ulteriormente rafforzato i legami economici tra i due Paesi.

Dei sette emirati che compongono gli Emirati Arabi Uniti, secondo Delorenzi, Dubai è quello che attira il maggior numero di affari stranieri, anche perché ha tre grandi zone franche: DIFC, Jafza e DMCC. Quest’ultima è la più grande, con 25’000 aziende registrate, e testimonia lo sforzo del governo di posizionare Dubai, con i suoi porti e magazzini all’avanguardia, come un importante hub per il commercio di materie prime.

Le tre zone consentono la piena proprietà straniera con un’imposta dello 0%. Dubai ha anche due importanti borse per le materie prime: il Dubai Gold and Commodities Exchange e il Dubai Mercantile Exchange. L’emirato di Abu Dhabi, a poco più di un’ora di macchina dall’area commerciale di Dubai, attira imprese del settore finanziario globale, anche dalla Svizzera, mentre Sharjah, più a est, è popolare tra le start-up.

Tante grandi multinazionali hanno aperto una filiale o una consociata negli Emirati, afferma Delorenzi, mentre vari imprenditori e imprenditrici che desideravano espandere la propria attività si sono trasferiti lì con le proprie famiglie, rivoluzionando totalmente le proprie vite. Delorenzi, anch’egli svizzero, si è trasferito a Dubai nel 2009.

“La facilità con cui si fanno affari e la varietà di opportunità disponibili hanno fatto sì che a potersi stabilire nel Paese non siano solo le multinazionali abbienti, ma anche le attività familiari e i singoli imprenditori”, dice.

Anche lo Swiss Business Council (SBC), che ospita regolarmente eventi sociali e di networking per i suoi 405 membri, ha sede nella Swiss Tower. “Parecchi svizzeri e svizzere vengono da noi”, ha detto a SWI swissinfo.ch un dipendente dell’SBC. “Alcuni sono interessati ad aprire un’attività in loco, ma non sanno come iniziare e sondano il terreno per cercare di ottenere più contatti”.

Un’ulteriore attrattiva per privati e aziende è rappresentata dal quadro fiscale competitivo degli Emirati, dove non esiste un’imposta sul reddito delle persone fisiche e la legge sulla tassazione delle società, entrata in vigore nel giugno 2023, impone un’aliquota unica del 9% sui redditi superiori a 375’000 AED (90’000 CHF). In confronto, l’aliquota media imposta alle società in Svizzera è di circa il 14,6%, con il cantone di Zugo e il cantone di Ginevra che offrono aliquote più basse, rispettivamente dell’11,6% e del 14%.

Fabio Belloni, amministratore delegato di International Business Advisors, riconosce che la tassazione ridotta ha reso gli Emirati un luogo molto interessante per fare affari. Ma non è l’unico fattore: le procedure burocratiche sono più semplici che in Svizzera e molti servizi sono completamente digitalizzati, compresa la procedura per richiedere l’apertura di un’attività.

“È un Paese sicuro per le famiglie. Hanno buone infrastrutture e la qualità della vita è molto alta”, afferma Belloni a proposito del livello elevato di sorveglianza e segregazione nello Stato di polizia costiero. Varie organizzazioni della società civile, tra cui Human Rights Watch, hanno criticato gli abusi a danno dei lavoratori e lavoratrici migranti, che rappresentano quasi il 90% della popolazione.

La questione del petrolio russo

Il ruolo di Dubai come hub commerciale si è ulteriormente consolidato quando i Paesi occidentali hanno imposto sanzioni alla Russia – importante produttore di materie prime – dopo che Mosca ha scatenato una guerra su larga scala contro l’Ucraina nel 2022. Molti cittadini e cittadine russi si sono trasferiti negli Emirati per fare affari in un momento in cui si sentivano indesiderati in gran parte del mondo.

Fino al 2022, Ginevra era il centro nevralgico del commercio del greggio russo, terzo produttore mondiale. In seguito all’invasione dell’Ucraina, l’Europa ha imposto un embargo sul greggio trasportato via mare con un tetto massimo di 60 dollari al barile. L’idea era di ridurre le entrate petrolifere russe senza sconvolgere completamente il mercato globale.

Con le nuove restrizioni in vigore, molti commercianti svizzeri hanno guardato a Dubai come alternativa. Secondo quanto ci è stato riferitoCollegamento esterno, nel 2020 Litasco, la società di trading internazionale della russa Lukoil, aveva inaugurato una sede con 300 posti a Ginevra, prima di trasferire alcune delle sue operazioni commerciali a Dubai per evitare le sanzioni. Le società russe di trading petrolifero Gazprom e Rosneft hanno fatto lo stesso. 

Public Eye, una ONG svizzera, ha riferitoCollegamento esterno che dal febbraio 2022 Dubai ha sostituito Ginevra come principale snodo commerciale per il greggio russo, segnalando che tra i nuovi attori del mercato opaco ci sono filiali di società svizzere: “Dubai ha scelto di non imporre sanzioni e di non allinearsi al tetto dei prezzi, cosa che l’ha resa un centro cruciale per il commercio del greggio russo”.

Il trasferimento dell’attività commerciale russa a Dubai ha scatenato svariate polemiche. Nei primi due anni di guerra contro l’Ucraina, nel DMCC sono state create circa 20’000 società, osserva Florence Schurch, segretaria generale di Suissenégoce, l’associazione svizzera dei commercianti di materie prime. In confronto, il settore del commercio di materie prime in Svizzera, che contribuisce a circa il 3,8% del PIL elvetico, comprende 900 società commerciali.

Rischi inutili

Schurch afferma che, sebbene il boom non sia certo stato guidato da cittadini, cittadine o imprese di origine svizzera, “solleva importanti rischi di carattere etico e di reputazione, non solo per Dubai ma anche per la Svizzera”.

Alcuni trader hanno creato entità legali separate per prendere le distanze dalle proprie operazioni in Svizzera. “Hanno un approccio dinamico”, spiega un ex trader ginevrino: “Creano una società, svolgono le operazioni che gli interessano e poi la sciolgono. Tutto sta nel calcolare il premio per il rischio. Se poche operazioni consentono di guadagnare 20 milioni di dollari, spendere un milione per creare una struttura temporanea non è tanto”.

Berna ha subito pressioni dall’Unione Europea quando non è riuscita a sanzionare la Paramount Energy and Commodities, società con sede a Ginevra, per aver trasferito a Dubai la sua compravendita di petrolio russo a tassi superiori ai tetti massimi sui prezzi. Alla fine del 2024, la Svizzera ha invece respinto una serie di sanzioni europee che avrebbero richiesto ai commercianti con sede nel Paese elvetico di “fare del loro meglio” per garantire che le filiali in Paesi terzi non eludessero le sanzioni.

Le principali aziende petrolifere elvetiche affermano di aver fatto tutto secondo le regole e di concentrare la propria attività in Svizzera. Secondo quanto dichiarato da un portavoce, il trading con base a Ginevra effettuato a Dubai da Gunvor, il cui co-fondatore, Gennady Timchenko, è stato tra i più colpiti dalle sanzioni statunitensi nel 2014, dopo il primo attacco russo all’Ucraina, comprende principalmente petrolio e gas non russi. Timchenko ha venduto la sua quota di maggioranza della società un giorno prima dell’entrata in vigore delle sanzioni punitive.

Tutto in regola

Il portavoce di Trafigura ha dichiarato che la società ha rescisso gli accordi a lungo termine per l’off-take di greggio e prodotti petroliferi con i produttori statali russi prima del maggio 2022, data dell’entrata in vigore delle sanzioni europee.

Litasco non ha risposto alla nostra richiesta di commenti, ma le sue comunicazioni aziendali suggeriscono che, dall’entrata in vigore delle sanzioni, si sia riorganizzata e abbia cambiato marchio per concentrarsi di più sull’Europa.

Nel febbraio 2024, gli Emirati Arabi Uniti sono stati rimossi dalla lista dei Paesi sottoposti ad alto monitoraggio del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI), nella quale erano finiti nel 2022 a causa di “carenze strategiche” nel controllo del riciclaggio di denaro. “Non è che chiunque possa spostare una società a Dubai per fare affari con la Russia, aggirando le sanzioni”, afferma Belloni, respingendo l’idea che i requisiti legali nello Stato del Golfo siano meno che validi.

Una strada a doppio senso

Ginevra è ancora un centro chiave per il commercio di petrolio e la finanza commerciale. Esperti ed esperte riconoscono alla Svizzera la sua lunga neutralità politica e la sua esperienza nella gestione di transazioni internazionali complesse. Questi vantaggi sembrano essere riconosciuti anche dalle imprese emiratine, che stanno diventando sempre più globali, aprendo filiali in Svizzera, Stati Uniti e Regno Unito.

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Dal 2022, secondo l’elenco cantonale, alcune società emiratine si sono poi insediate nel centro svizzero per il commercio di materie prime di Ginevra: Oilmar DMCC, una compagnia petrolifera, è stata registrata poco dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Nel 2023 sono invece arrivate Tamal Trading and Logistics e Mahsul Trading & Services. 

“Ginevra è sempre stata percepita come una città internazionale, aperta, capace di offrire ai commercianti servizi finanziari e di comunicazione”, afferma Luciani dell’Università di Ginevra. “Esistono delle alternative, come Londra, ma Ginevra rimane un centro fondamentale per le materie prime in Europa. Le società di trading hanno registrato profitti da record”.

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Trafigura e Gunvor, entrambe con uffici a Dubai, affermano che la loro presenza negli Emirati rispecchia un’economia globale in cui il Medio Oriente svolge un ruolo di primo piano. Trafigura, che ha oltre 12’000 dipendenti in tutto il mondo, sottolinea che solo 35 di loro risiedono a Dubai, senza specificarne il ruolo. I 15 dipendenti di Gunvor negli Emirati sono pochi rispetto agli oltre 280 situati in Svizzera.

“Le ragioni che hanno spinto Gunvor a venire a Ginevra nel 2003 sono state il talento e l’accesso ai finanziamenti”, afferma Seth Pietras, portavoce del Gruppo Gunvor, giustificandone la presenza in un’area urbana poco lontana dal lago. “La gente vuole vivere qui, vuole studiare qui. Anche se la finanza commerciale è diventata globale, il suo retaggio rimane in Svizzera”.

Articolo a cura di Virginie Mangin/ts

Traduzione di Camilla Pieretti

Edited by Virginie Mangin/ts

Picture research by Helen James and graphics by Pauline Turuban

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